In che modo sta cambiando la fotografia? Quali forme sta assumendo in un panorama sempre più digitalizzato e caratterizzato dall’onnipresenza di Instagram nella nostra quotidianità? Quest’ultimo concorre alla formazione di nuove opportunità per la fotografia oppure ne riflette una pericolosa minaccia? Per approfondire tali tematiche, in questa sede ci si avvale delle preziose riflessioni di Julian Burchielli, giovane fotografo amatoriale romano, una figura ibrida, che sintetizza un connubio tra la fotografia tecnicamente realizzata e quella ai tempi di Instagram. In altri termini, rappresenta una personalità eclettica, che è stata in grado di accogliere le nuove potenzialità generate da questo social media, integrandole con la sua grande passione ed ammirazione nei confronti della fotografia professionalmente costruita. Julian gode di un buon seguito su Instagram, testimonianza del fatto di come le sue fotografie beneficiano di una grande visibilità: probabilmente senza Instagram le sue fotografie avrebbero assunto un valore differente e la sua vita una piega diversa. Si è scelto di intervistare proprio lui per via di questa sua duttilità e spirito di accoglienza mentale, considerato un fattore chiave in grado di generare analisi ponderate sul tema.
Come è nata la passione per la fotografia?
“La passione per la fotografia me l’ha trasmessa mio padre, anche lui era un grande appassionato e fin da piccolo mi faceva provare le sue macchine fotografiche e non solo. In particolare, la molla che ha fatto scattare la passione è stato l’ormai vecchio proiettore di diapositive di mio padre, nel quale si inseriva il negativo di una fotografia, per poi proiettarla su uno schermo o su una parete”.
Cerchi di trasmettere un messaggio negli scatti che fai e poi condividi?
“Occupandomi principalmente di fotografia paesaggistica intesa anche come paesaggio urbano, quello che cerco di fare è trasmettere la mia visione di un determinato paesaggio o oggetto, tramite la scelta di una specifica angolazione che colgo camminando per la città in cui mi trovo, oppure tramite l’incontro con determinate condizioni di luce che mi piacciono particolarmente”.
Quali sono gli elementi a cui presti maggiore attenzione quando fotografi?
“Senza dubbio la luce. Tant’è che di solito mi sveglio molto presto per fare fotografie all’alba, secondo me è uno dei migliori momenti da immortalare, oltre ovviamente al classico tramonto”.
Quale tipologia di fotografia ti rappresenta maggiormente?
“Come ho detto in precedenza, la fotografia che più mi rappresenta è quella paesaggistica e paesaggistica-urbana, è con questo genere fotografico che ho incominciato a scattare. La passione per questo genere è nata perché, viaggiando, era un modo per immortalare dei momenti in forma di ricordi”.
Che ne pensi della post-produzione? Che rapporto hai con il fotoritocco?
“E’ inevitabile che con lo sviluppo del digitale tale pratica del fotoritocco e della modifica della fotografia si sia diffusa in modo esponenziale. Oggi tutti possono manipolare fotografie con lo smartphone o con il computer, ma è bene precisare che questa tecnica è sempre esistita, anche in epoca analogica. Anche in quel periodo, per esempio, si poteva intervenire sul negativo tramite il disegno o l’applicazione di alcuni materiali. La differenza sta nella diffusione di tali pratiche: prima era relegata ai soli addetti ai lavori, a chi era del mestiere, mentre oggi possono farlo tutti. Per quanto riguarda me e il mio rapporto con la post-produzione ed il fotoritocco, non amo particolarmente stravolgere le fotografie, ci perdo poco tempo, faccio qualche aggiustamento riguardante i colori, la luce e pochissimi altri aspetti. La mia è più una modifica e non un fotoritocco, quasi mai rimuovo imperfezioni o oggetti dalle fotografie né tantomeno li aggiungo. Se devo farlo preferisco farlo in diretta, quando mi trovo sul posto in cui sto scattando, modificando la mia inquadratura o la mia posizione, affinché lo scatto risulti soddisfacente per me. In post-produzione modifico solo aspetti basilari, legati al ritaglio, al formato e alla luce”.
Al giorno d’oggi ormai basta essere in possesso di uno smartphone per poter scattare fotografie, modificarle e condividerle online. Che cosa pensi di questo aspetto, quello della democratizzazione della fotografia? Ha generato nuove opportunità per i fotografi o ha comportato una banalizzazione della fotografia, riducendone la qualità?
“Riguardo la democratizzazione della fotografia credo che sia un processo inevitabile derivante dal progresso tecnologico, il quale ha avuto un grande impatto sulla fotografia, forse è uno dei settori maggiormente interessati e su cui è più visibile il cambiamento. Personalmente considero questo aspetto un’arma a doppio taglio: da un lato, ha sicuramente generato nuove opportunità, soprattutto dal punto di vista delle potenzialità di condivisione. Se penso ad esempio ad un fotografo professionista che ha iniziato da poco ad esercitare la professione, oggi ha maggiori possibilità di mostrarsi e rivolgersi ad un pubblico molto più ampio, mentre in passato era più difficile. In altri termini, al giorno d’oggi è molto più probabile che dei potenziali clienti notino online i lavori fotografici e di conseguenza ti contattino. Dall’altro, bisogna dire che in parte dalla democratizzazione della fotografia ne deriva una sua banalizzazione. Nell’immaginario collettivo contemporaneo si ritiene che scattare fotografie sia semplice, quando in realtà non è così; molti pensano che per fare fotografie, è sufficiente possedere una macchina fotografica, quando in realtà c’è bisogno di studio, attrezzatura e una serie di altri fattori che quelle stesse persone non possiedono. Almeno per quanto riguarda le fotografie professionalmente intese. Se c’è la necessità di ottenere fotografie professionali è imprescindibile rivolgersi a professionisti e a chi lo fa per lavoro”.
Tra tutti, Instagram è certamente il social network che fa dell’immagine il suo elemento caratterizzante. Credi che su tale piattaforma vengano stimolate le capacità creative dei fotografi?
“Sicuramente si. Instagram, essendo un social, dà la possibilità di poter “seguire” altre persone, quindi entrare in contatto con altri profili da cui prendere spunto. Quindi, in questo modo la creatività viene sicuramente stimolata, poiché tramite tale piattaforma è possibile conoscere nuove visioni, che potrebbero essere oggetto di sperimentazione personale. Per fare un esempio legato alla mia esperienza, quando iniziai a pubblicare fotografie su Instagram, esse riguardavano principalmente paesaggi. In seguito, incominciai a frequentare più assiduamente tale piattaforma e notai come diversi profili di fotografi proponevano delle lunghe esposizioni, che io non avevo mai fatto. Di conseguenza, con la volontà di sperimentare, decisi anche io di approfondire questa tecnica, tant’è che al giorno d’oggi tutt’ora la pratico”.
Le fotografie su Instagram, come avviene per tutti i contenuti presenti sui diversi social network sites, sono soggette alle logiche di quest’ultimi, tra cui il numero di likes, di commenti e di followers. Il più delle volte sono proprio questi indicatori a decretare il successo di una fotografia piuttosto che il suo fallimento. Pensi che una fotografia con tanti likes e commenti sia di conseguenza una fotografia di qualità? Oppure credi che sia necessario fare un altro tipo di valutazione?
“Dal mio punto di vista è necessario fare un altro tipo di valutazione. Non c’è una relazione diretta tra numero di likes, commenti e la qualità di una fotografia. Una fotografia può essere definita di qualità se innanzitutto è in grado di esprimere e trasmettere un messaggio. Oltre a questo fattore, è importante che una fotografia goda di una buona composizione e di una serie di altri fattori che ho menzionato in precedenza. Di sicuro non è la quantità di likes e interazioni a decretare il successo di una fotografia in termini qualitativi, determinate fotografie raggiungono un certo grado di viralità solo soddisfacendo tale requisito, ma a mio avviso è una logica malsana”.
Pensi che le fotografie pubblicate su Instagram possano essere paragonate alla fotografia professionale?
“Tutto dipende dall’uso che se ne fa. Nel mio caso, per esempio, non essendo un fotografo professionale ma semplicemente un grande appassionato, ho un approccio ricreativo, quasi ludico nei confronti della fotografia e utilizzo Instagram per pubblicare i miei scatti. D’altro canto, conosco diversi fotografi professionisti che invece utilizzano Instagram per creare il loro portfolio personale, mostrando i loro lavori, facendone dunque un uso professionale”.
Hai qualche progetto fotografico in valigia?
“Sicuramente quando potremo tornare a viaggiare, un progetto che ho nel cassetto da tempo è quello di andare in Islanda ad ammirare l’aurora boreale. Credo che sia il sogno di molti fotografi quello di catturare in prima persona immagini di questo spettacolo di luci nel cielo”.