@Misteruniquelife nasce nel ’79, ed è stato un creativo sin da piccolo. Ci ha confessato: ‘Facevo di testa mia, senza farmi trascinare dagli altri‘. Come tutti i ragazzi ha avuto i suoi periodi particolari, in cui sperimentava diversi stili artistici. Niente di estremo, ma solo pura curiosità di conoscere le nuove correnti. La street art è stata il suo primo amore, poi è arrivato il punk. Tornava a casa con la cresta, ma questo non rispecchiava affatto il suo stile di vita. ‘Pensate che ho iniziato a bere un bicchiere di vino forse un anno fa, né ho mai fumato sigarette‘. Dopo essersi buttato nel mondo emergente della grafica, facendo uno stage di 6 mesi non pagati (alla Boris) e anni di gavetta, ha iniziato a lavorare per ATL e BTL, ma non solo. Ad un certo punto, si è cimentato addirittura nell’editoria. Potrà anche non avere la spunta blu su Instagram, ma ormai tutti adorano Fabrizio Politi.
Fabrizio, come sei diventato @misteruniquelife?
Nel 2013, dopo quattro anni e mezzo di convivenza, mi sentivo spento e volevo rimettermi in gioco. Mi sono accorto che il mio profilo Instagram era molto banale, alla romana insomma (senza offesa). Solo selfies della mattina, mare, sushi e così via, e ho visto quattro o cinque profili uguali al mio. Non mi riconoscendomi più, mi sono chiesto quale fosse il mio scopo su questo social. Rimorchiare o fare anche altro di più creativo, sfruttandone il suo potenziale? Allora ho fatto un giro tra le pagine un po’ vintage un po’ simmetriche, quelle che più mi ispiravano. Vedevo che mancavano di calore, di quella scintilla. Perciò ho iniziato a chiedermi come le avrei potute rielaborare seguendo la mia prospettiva. L’illuminazione è arrivata mentre, la mattina dopo una notte brava, facevo colazione insieme alla ragazza che avevo conosciuto al locale. Senza un motivo apparente, le ho chiesto di farmi una foto dall’alto. Il giorno dopo, ho messo lo scotch sul mio lampadario per creare una luce un po’ più soffusa, ho regolato l’autoscatto e ho iniziato ad arrangiarmi da solo. Piano piano, rielaboravo le foto che vedevo qua e là nel feed. Adesso ho la mia identità e le mie idee. Ad un certo punto è inevitabile staccarsi e non avere più punti di riferimento per immergersi nella propria creatività. @misteruniquelife non vuol dire che io sono unico, ma lo è invece la vita. Sta a noi renderla tale.
Fabrizio, tu ti definisci un creativo. Che cosa significa questo per te?
Fino a poco tempo fa, nella mia bio di Instagram, mi definivo un creativo-emotivo. Questo perché secondo me la creatività nasce da un’emozione, una sensazione. Non è fine a sé stessa, c’è sempre un qualcosa che la fa scattare. Cerco sempre di avere una tripla visione sulla realtà, dalla più semplice alla più esagerata. Il mio riferimento? Lo spot anni ’80 de “La Milano da bere“, con tutta la movida e la gente che si risvegliava.
Quali sono i dettagli che fanno la differenza in uno scatto?
Le foto troppo rielaborate in post produzione non mi fanno impazzire. Se una fotografia ha bisogno di filtri, vuol dire che sin dall’inizio è priva di personalità. Non contano tanto i dettagli, ma l’atmosfera al momento dello scatto. Dal contesto puoi lavorare sui dettagli, non viceversa.
Tra tutti, Instagram è certamente il social network che fa dell’immagine il suo elemento caratterizzante. Credi che su tale piattaforma vengano stimolate le capacità creative dei fotografi? O ritieni che questo aspetto della democratizzazione della fotografia banalizzi la professione del fotografo?
Instagram non è un social meritocratico, purtroppo non è la tua bravura a farti andare avanti. Ad esempio, un fotografo professionista con un approccio più classico faticherà a spopolare se non farà sue le logiche di questa piattaforma. Non credo sia il mezzo adatto per pubblicizzare foto d’autore. Tuttavia, ha anche i suoi lati positivi, perché stimola il fotografo tradizionale e lo porta al passo con i tempi. Viceversa, una fotografia o i contenuti pensati ad hoc per Instagram non funzionano al di fuori del contesto social.
Fabrizio, nell’ultimo anno, sei stato promotore di diverse iniziative sui social. Tra i tuoi progetti, quello che ci ha colpito molto è stata la “Sunday Textures”, come ti è venuta l’idea?
Ho pensato di creare un appuntamento fisso per la mia community, una rubrica settimanale con la mia firma. La domenica tutti si svegliano tardi e nessuno vuole contenuti impegnativi. Allora mi sono chiesto come trasformare un elemento che mi caratterizza e che i miei followers sono abituati a vedere durante la settimana in un format per il weekend. Con le “Sunday Textures” sono riuscito anche a condividere un pezzo della mia arte, auto pubblicizzandomi. Adesso chi mi segue sa che può contare su di me, senza andare a cercare a casaccio uno sfondo qualunque su Pinterest. Le textures sono diverse dalle stampe firmate e timbrate. Sono sempre disponibili e alla portata di tutti, anche dopo mesi. Sono un esempio di contenuto appositamente mirato per un social.
Potresti dare un consiglio spassionato agli aspiranti fotografi?
Cambiate mestiere (ride, ndr). Quando cominci ti sembra che tutto sia possibile e sei convinto di essere libero di scattare come vuoi. Poi arrivano le richieste e i compromessi. Ascolta sempre il tuo istinto e se ti accorgi che in una determinata situazione non ti si accende più lo stimolo creativo, vuol dire che quel determinato ambiente non fa più per te. Come diceva Claudia Gerini, ‘Ma ormai che te vuoi inventà? Ci siamo inventati tutto‘. Puoi avere tutto il talento del mondo, ma non andrai tanto lontano senza una visione generale sui tuoi obbiettivi. Essere creativi hanno vuol dire riuscire a rinfrescare qualcosa già visto.
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Martina Bovetta
Giulia Occhetti
Lorenzo Racchini
Giulia Sartori
Luca Truglia